La difficoltà di costruire specchi di grandi dimensioni consiste
essenzialmente nel fatto che lo spessore dello specchio deve esse-re
proporzionato al diametro. Infatti, se il disco è troppo sottile, il vetro si
flette e non conserva la figura conferitagli dalla levigazione. Questo era un
ostacolo insuperabile negli anni in cui fu concepito lo specchio a tasselli,
mentre l'attuale tecnologia consente la realizzazione di specchi di oltre 4
metri di diametro, monolitici.
Da qui l'idea di Horn-d'Arturo - direttore dell'Osservatorio Astronomico
Universitario di Bologna dal 1920 al 1954, con brevi interruzioni - di
costruire uno specchio composto da piccoli specchi esagonali con i fuochi
convergenti nello stesso piano focale, in modo da ottenere un'immagine
stellare integrale sommando i contributi di ciascuno specchio. Il potere
risolutivo di uno specchio esagonale piccolo è minore di quello di uno
specchio unico di diametro uguale alla larghezza totale dello specchio
composito, ma è anche vero che nella fotografia astronomica, così come nella
fotometria fotoelettrica e in spettroscopia, ciò che determina la bontà
dell'osservazione non è il diametro dello specchio bensì l'immagine di
"seeing", ossia le dimensioni di una immagine stellare alterata dalla
turbolenza atmosferica.
Lo specchio è composto da 61 tasselli esagonali, di diametro totale 180 cm e
costituisce l'obiettivo del telescopio zenitale collocato al primo piano
della torre della Specola; giaceva orizzontalmente a 50 cm dal pavimento e
riceveva luce da un'apertura circolare, praticata nel pavimento della
terrazza posta al penultimo piano, sotto alla cupola in cui si trovava il
circolo meridiano di Ertel & Sohn [scheda 22]. Per ovviare alla immobilità
dello specchio si utilizzava un portalastre mobile, in grado di seguire il
percorso di un astro durante il passaggio zenitale. Quando il seeing era
buono, con pose di poco meno di sette minuti si raggiungeva la diciottesima
magnitudine, utilizzando i materiali fotografici dell'epoca, generalmente
lastre Cappelli ultrasensibili, prodotte dalla ditta Ferrania in dimensioni
9x12 e 9x24 cm.
La costruzione dello strumento avvenne lentamente e in stadi successivi. Dai
10 piccoli tasselli trapezoidali del 1935, forniti dalla Filotecnica
Salmoiraghi e aventi una superficie riflettente di poco più di 10 decimetri
quadrati, si passò ai 19 tasselli esagonali, lavorati dal tecnico della
Specola Aldo Galazzi, con una superficie riflettente di circa 4 decimetri
quadrati. Questo prototipo, che venne montato nel 1950 al centro dell'attuale
"Sala della torretta", utilizzando per l'osservazione l'apertura zenitale già
esistente nella volta, aveva un'area approssimativamente circolare di un
metro di diametro.
Nel 1952 si giunse, infine al compimento dello strumento con 61 tasselli.
I tasselli hanno una supeficie levigata con curvatura sferica, di raggio -
uguale per tutti - pari a 20,82 m e una distanza focale di 10,41 m e sono
posti su di una lastra di marmo che funge indirettamente da sostegno ed è
traforata nei punti ove passano i tre pioli a vite, su cui posa ciascun
tassello. Il congegno portavite, munito di slitte per gli spostamenti
laterali, è solidale col marmo e, agendo dal piccolo locale sottostante allo
specchio, si può determinare a piacere qualsivoglia piccolo spostamento dei
pioli e con essi dei tasselli, sia lateralmente, sia verticalmente.
L'apertura è stata chiusa negli anni '80 e negli stessi anni è stato
distrutto il piano di marmo che reggeva il prototipo dello strumento.
Alla fine degli anni '80 sono stati recuperati tutti gli specchi,
rialluminati, montati nella loro vecchia sede e ricoperti con un piano di
cristallo. Le oltre diecimila lastre, ottenute con questo telescopio, sono
state imballate in apposite casse e riposte nel vano, sottostante allo
specchio, che veniva utilizzato per effettuare la regolazione degli
specchi.
R. Berry (1988), pp. 42-47.
G. Horn-d'Arturo (1932-1955).
L. Jacchia (1978), pp. 100-102.